Retino è una neoconiazione che significa "appartenente al movimento politico 'La Rete'" ed ha fatto la sua prima, e per ora unica, apparizione nel "Manifesto" del 24 novembre 1991, dove, sia pure ammantata dalla cautela del corsivo, viene usata due volte (uno dei due esempi: «Federica Sgaggio di Verona ... dice chiaramente di "non voler morire retina"»).
È difficile prevedere se retino diventerà un vero e proprio neologismo, o resterà ristretto alla condizione di occasionalismo senza futuro: sarà determinante la sorte politica del movimento con cui il nostro nome è in relazione, la Rete fondata dall'ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando: se si presenterà alle prossime elezioni ed avrà un buon risultato elettorale, allora sarà necessario chiamare in qualche modo i neo-eletti deputati "retini"; altrimenti sarà sufficiente proseguire, come s'è fatto finora, ad usare metonimicamente il nome del movimento: «La Rete chiede la messa in stato d'accusa di Cossiga».
Ma se a determinare il futuro di retino saranno le vicende politiche, noi possiamo fin d'ora determinare se ci sono le premesse linguistiche per l'affermazione dell'aggettivo.
Il suffisso -ino è uno dei mezzi usati per formare gli aggettivi di relazione collegati ai nomi dei partiti e movimenti politico-sindacali italiani: basti pensare al più recente pidiessino, per poi riandare a cislino (da CISL), fucino (FUCI), pduppino (PdUP), psiuppino (PSIUP), potoppino (POT. OP., cioè Potere Operaio), dippino (DP), ciellino (CL), missino (MSI), per risalire su fino a repubblichino (aderente alla Repubblica di Salò), che parrebbe il primo della serie. A parte quest'ultimo aggettivo, che è variante spregiativa di repubblicano, si tratta, come si vede, di un suffisso che viene unito alle sigle dei partiti di cui si vogliono denominare gli aderenti; inversamente quando il nome di un appartenente ad un partito o a un movimento politico viene derivato da una sigla, si usa generalmente proprio il suffisso -ino (la sola eccezione che mi viene in mente, a parte l'ironico-affettivo figicciotto, in riferimento alla FGCI degli anni Settanta, è aclista da ACLI; le attestazioni di bierrista da BR e picciista da PCI, che pure esistono, non hanno attecchito, proprio perché hanno utilizzato un suffisso atipico). Viceversa quando il punto di partenza è un sostantivo, il suffisso usato è -ista (non è solo il recente leghista, ma anche, passando dai partiti alle correnti democristiane, basista, forzanovista ecc.). Possiamo allora concludere che ci sarebbe da stupirsi se si affermasse retino in riferimento alla Rete; e, se ciò avvenisse, sarebbe una eccezione rispetto alle consuetudini di derivazione lessicale correnti in ambito politico.
Della Rete è interessante anche il nome che il gruppo si è dato: rete è denominazione che ha una certa diffusione nei movimenti di base di sinistra per indicare un tipo di aggregazione che vuol essere diversa da quella che si suol chiamare la forma-partito: a Roma abbiamo, in ambito universitario, la Rete degli studenti di sinistra; a Padova, in ambito pacifista, la Rete di iniziativa contro la guerra; ed immagino che gli esempi siano più numerosi. Ora, il fatto che la Rete di Orlando abbia diffusione nazionale, rende probabilmente non più utilizzabile la parola rete per indicare movimenti politici di base senza organizzazione burocratica; qualcosa di simile accade in seguito all'uso da parte di Bossi e compari della parola Lega (originata, se non sbaglio, da Liga Veneta, che dovrebbe essere il recupero e la risemantizzazione di un arcaico termine veneto, poi accolto in quel di Milano con la facile connessione con la medievale Lega Lombarda): ormai un movimento che usi nella propria denominazione la parola Lega non può non porsi in relazione, positiva o negativa (come fa Scalfari con la sua proposta di una Lega Nazionale), con il movimento di Bossi.
Michele A. Cortelazzo
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