Michele A. Cortelazzo

«UN ANZIANO SIGNORE SORRIDENTE»*


Permettetemi di dire poche parole, anche a nome della mia famiglia, innanzi tutto per ringraziare quanti ci hanno fatto compagnia, partecipando a questa cerimonia o con segni di altro genere, in questi giorni tristi, ma sereni. Sereni di una serenità che ci ha trasmesso mio papà, anche negli ultimi mesi, quando ha continuato ad accogliere e accompagnare con un sorriso chi lo assisteva. "Sorridente" è una delle parole chiave per parlare di lui, una parola spesso ripetuta nei messaggi che abbiamo ricevuto, ad esempio nel ricordo di chi ha affettuosamente dichiarato che nella sua memoria resterà non tanto il professore o lo studioso, ma l'immagine di quell'«anziano signore sorridente».

A dire il vero, per lungo tempo papà ci ha fatto credere di essere immortale: anche solo fino alla scorsa estate, quando ancora veniva regolarmente nella Biblioteca di Palazzo Maldura, con il suo passo magari un po' più lento di un tempo, ma sempre sicuro: come un «nostro compagno di biblioteca» l'ha salutato un gruppo di giovani dottorandi e assegnisti, in uno dei telegrammi più commoventi che abbiamo ricevuto, proprio in riferimento a questa sua assidua frequentazione.

Del resto mio papà è sempre stato, nello spirito e nella curiosità intellettuale, un coetaneo dei giovani studiosi che si sono formati nelle nostre biblioteche; ed è stato un uomo dolce, probo e, soprattutto, rispettoso degli altri, di tutti gli altri. È questo il primo tratto, so di parlare anche per mio fratello, che noi figli speriamo di aver ereditato e che ci venga riconosciuto nella nostra vita privata e in quella pubblica, nelle nostre attività a dire il vero più orientate delle sue alla vita sociale, nella Protezione civile Giorgio, nella organizzazione di alcune attività di questa università io.

Dello studioso hanno già trattato i professori che vi hanno parlato di lui e che ringrazio, soprattutto Flavia Ursini, sua allieva diretta. Vorrei però riferirvi un'immagine di mio padre che mi ha proposto un nostro collega, non per nulla regista: «Ogni volta che mi capitava di incontrarlo, non potevo impedirmi, magari socchiudendo appena gli occhi, di immaginarlo accompagnato dai suoi libri che lo seguivano obbedienti, in silenzio. Ma forse non si trattava di immaginazione: erano proprio lì, uno dietro l'altro, allineati in bell'ordine, come un vero e proprio corteo regale, appunto». Un'immagine che mi ha colpito, perché molto simile a uno degli ultimi, dei tanti ultimi, brevi scambi di battute che abbiamo avuto in questi mesi. Una sera gli ho chiesto se proprio non aveva voglia di mangiare niente, e lui mi ha risposto che la notte precedente aveva mangiato. Il mio stupore per il pranzo notturno si è ingigantito quando, serio serio, mi ha precisato che aveva mangiato libri. Ovviamente mi stava raccontando un sogno, ma un sogno che rappresenta mirabilmente un asse portante della sua vita: la sua continua, avida raccolta di dati, di conoscenze, di idee, e soprattutto di parole che traeva dalle letture più disparate e che finivano nella sua testa, dove venivano rielaborate, messe in connessione le une con le altre e prontamente ricordate quando ce n'era bisogno, anche negli ultimi mesi.

Un insieme di conoscenze, di intersezioni, di risposte che ora sono chiuse per sempre nella sua testa. Quella bella testa pelata che tante volte ho accarezzato in queste ultime settimane, in quel letto in cui l'ha colto la morte, lo stesso in cui mio fratello e io siamo venuti alla vita. Sì, perché abbiamo avuto questa fortuna, di accompagnarlo all'ultimo respiro nella sua casa, nel suo letto. Con la presenza continua, affettuosa, devota, come sempre, di nostra madre; e con l'aiuto di un eccezionale medico di base, la dott. Emanuela Serafini, e di un servizio pubblico di assistenza domiciliare non solo efficiente, ma anche fatto di persone piene di umanità e capaci di leggerezza. Si tratta non di buona ma di ottima sanità e di questo davvero voglio dare testimonianza qui davanti a tutti, con gratitudine e, come vedete, con commozione.


* Parole pronunciate al termine del rito funebre nel Cortile antico del Bo il 6 febbraio 2009.