Da Friends all’Isola dei famosi
Così la tv cambia la grammatica
Negli Usa il telefilm modifica il modo di parlare, da noi si impone il reality show
Ieri il «non capisco ma mi adeguo» di Ferrini, oggi l’«assolutamente sì» di Fedro


Un gruppo di linguisti dell’università di Toronto ha dimostrato, videocassette alla mano, quello che i detrattori del mezzo televisivo, regno del superficiale e dell’effimero, non avrebbero mai voluto sentirsi dire: i serial tv non sono destinati a durare lo spazio di una stagione. Al contrario, lasciano tracce durature nelle strutture più profonde del linguaggio. Prova provata ne sarebbe il proliferare, nei discorsi degli americani middle- e upper-class, di una minuscola particella, spesso usata in coppia con un aggettivo - so cool, so weird, so innovative, come recita il titolo della ricerca. Proprio quel «so» così insignificante - so insignificant - sarebbe il simbolo inequivocabile della vittoria del piccolo schermo su cinema e carta stampata, grazie a un alleato infallibile: Friends, la serie televisiva più amata degli ultimi anni, in America come in Europa. I cui protagonisti, per l’appunto, usano «so» in maniera quasi esasperante.

SHARE E BATTUTE - L’équipe canadese, avrebbe passato oltre un anno a trascrivere sceneggiature e a contare le ricorrenze di aggettivi e sostantivi, formulando un lavoro di caratura scientifica. Meno rigorose invece alcune osservazioni marginali: secondo gli studiosi ad esempio lo share di Friends sarebbe aumentato in concomitanza con l’uso più frequente di «so». Che, per inciso, sarebbe stato pronunciato più spesso da Rachel, Phoebe e Monica che non da Chandler, Ross e Joey: dimostrazione inconfutabile del fatto che le vere protagoniste del mutamento linguistico sono loro, le donne (forse perché chiacchierano di più? Mistero).
Sorge il dubbio che gli autori, presi dall’entusiasmo, si siano scordati di analizzare il meccanismo di causa-effetto. Sono i personaggi in cui ci identifichiamo a cambiare il nostro modo di esprimerci o sono gli sceneggiatori a prendere spunto, esasperandolo, da quello che sentono ogni giorno per strada? In altre parole, è nato prima l’uovo o la gallina? Vexata quaestio, cui forse è impossibile rispondere. «Resta il fatto - commenta il semiologo Omar Calabrese - che oggi la tv è un motore reale del mutamento linguistico. Il processo sottolineato da questo studio è stato esaminato più volte da vari gruppi di ricerca, primo fra tutti quello dell’Oxford Dictionary. E in Italia i direttori dei dizionari nazionali e delle grandi accademie come la Crusca si riuniscono regolarmente per analizzare come si modificano le lingue europee».

TV VERITA’ - Ma nel nostro Paese i serial tv sono costretti a cedere il passo, almeno sotto il profilo linguistico: «Da questo punto di vista - afferma Calabrese - i programmi più decisivi sono quelli di apparente tv verità, reality show come "L’isola dei famosi", in cui l’oralità più povera viene elevata solo per il fatto di essere trasferita su un mezzo dominante come la televisione». Nessun «fenomeno Friends» in territorio italico, dunque. Anche se un orecchio attento può aver colto, tra amici e conoscenti, un insolito diffondersi di locuzioni prima sconosciute. Fino a qualche tempo fa c’era ancora, ahimè, l’onda lunga dell’«attimino». Oggi siamo nell’era dell’«assolutamente sì». Dicono sia stato avvistato per la prima volta, televisivamente parlando, nella casa del Grande fratello, edizione Fedro & Floriana. «Ovviamente - puntualizza il linguista Michele Cortelazzo - una serie tv può solo favorire o deprimere mutamenti già in corso: nessuno può affermare che il nostro "assolutamente sì" sia nato in tv, così come Friends ha amplificato una tendenza reale o al limite ha recuperato forme a rischio di desuetudine». Quel che rimane certo è la scarsa influenza delle sit-com sul parlato degli spettatori. Anche perché, ricorda Cortelazzo, «l’handicap delle nostre serie tv è che molte sono traduzioni, mentre per quelle in italiano ci siamo buttati sulla promozione d’immagine delle forze di polizia: prodotti di successo, che però non si avvicinano neanche lontanamente al fenomeno preso in esame dai colleghi canadesi».

FRASI FATTE - Altro discorso è quello dei tormentoni, le frasi fatte destinate a durare lo spazio di qualche stagione, ma anche, nei casi meglio riusciti, ad insediarsi stabilmente nella memoria degli italiani. L’esempio principe? Forse il geniale «non capisco ma mi adeguo» del compagno Ferrini di «Quelli della notte». Ma anche Corrado Guzzanti, con Quèlo (da pronunciare rigorosamente strascicando la «e») e il suo «la seconda che hai detto», non sono da meno. «Frasi in sé e per sé banali - commenta Cortelazzo - ma che proprio per questo funzionano: sono adattabili a varie situazioni, fanno riferimento a una complicità culturale, soprattutto hanno alle spalle l’autorità conferita dalla tv. Una versione moderna e impoverita del proverbio, insomma».
Tra battute e tormentoni, resta il dubbio sulla capacità della televisione di modificare a livello più profondo la nostra lingua: in Italia, sostiene Cortelazzo, non esistono ricerche analoghe a quella canadese. «Ma se qualcuno mi desse i soldi - conclude sorridendo il professore - mi piacerebbe indagare sulla diffusione di quelle innovazioni linguistiche che sfuggono all’attenzione: l’"assolutamente sì", appunto, ma anche il "piuttosto che" utilizzato al posto del latino vel, o la formula «grazie per non fumare»… I canali di diffusione di queste innovazioni, che si stanno radicando profondamente nella nostra grammatica, non sono mai stati studiati. In questo caso davvero mi chiederei in quanta misura la televisione possa incidere sul nostro modo di parlare».

Gabriela Jacomella

«Corriere della Sera», martedì 3 febbraio 2004, p. 23