L’Università di Padova ha condotto una ricerca sul lessico usato dagli inquilini del Quirinale in mezzo secolo di repubblica, analizzando tutti i messaggi di fine anno | |
Le parole dei presidenti: indagine su 57 discorsi | |
Einaudi fu sintetico: 1200 parole. Il più chiacchierone Scalfaro: 25mila. Pertini e Ciampi i più «affettuosi» e familiari | |
92656 parole pronunciate dagli albori della Repubblica ad oggi. Quasi 25 mila parole dette da Scalfaro, autore di discorsi molto lunghi, solo 1200 dal più laconico Einaudi. Parole privilegiate come "Europa Unita" per Ciampi, "giovani" per Pertini, o "Capo dello Stato" per Scalfaro. Parole che riflettono un diverso modo di intendere il proprio ruolo istituzionale, ma anche l'Italia ed i suoi cittadini. Queste ed altre interessanti evidenze emergono dallo studio "Messaggi dal colle. I discorsi di fine anno dei Presidenti della Repubblica Italiana (1949-2005)", originale progetto di ricerca focalizzato sui discorsi di fine d'anno dei Presidenti ed avviato da un gruppo multidisciplinare di professori dell'Università di Padova, coordinato da Arjuna Tuzzi e Michele Cortelazzo , docenti del corso di laurea in Scienze della comunicazione. La ricerca ha preso in considerazione, oltre all'intero corpus dei 57 discorsi di fine d'anno dei 9 presidenti della nostra storia repubblicana (Einaudi, Gronchi, Segni, Saragat, Leone, Pertini, Cossiga, Scalfaro, Ciampi), la loro analisi lingustica utilizzando un software di elaborazione statistica dei testi, Taltac2, creato per l'analisi del contenuto e dei testi su base lessicale. L'analisi linguistica ha esaminato i testi prendendo in considerazione il lessico comune a tutti i presidenti ed il lessico esclusivo di ogni singolo presidente (cioè l'insieme delle parole che si trova almeno in un discorso di un presidente e in nessun discorso degli altri). E qui emergono evidenze interessanti. Per quel che riguarda il lessico comune, sono solo 142 le forme comuni a tutti i presidenti, su un totale di oltre 9 mila forme diverse totali, ma se escludiamo le parole grammaticali, i sostantivi comuni a tutti i Presidenti sono solo 44, dimostrando come il nucleo comune dei discorsi presidenziali sia assai ristretto. Si ritrovano però in tutti i presidenti parole riconducibili a poche precise categorie lessicali: l'occasione in cui viene emesso il discorso (anno, la parola più frequente in assoluto, e fine), il concetto di 'nazione' (Italia, italiano, italiani, popolo paese, patria, nazione, nazionale), la dimensione internazionale (mondo, popoli), i principi universalmente riconosciuti come positivi (principi, libertà, solidarietà, vita, civile), le prospettive negative (problemi, difficoltà). «L'analisi delle prime parole esclusive e specifiche di ogni presidente - spiegano i coordinatori dello studio Tuzzi e Cortelazzo - non dà sempre risultati significativi. A fronte di una scarsa specificità di Gronchi e Segni, e per certi versi anche di Leone e Cossiga, spiccano per un verso l'apripista Einaudi, portavoce di un mondo che non c'è più e che non viene più rappresentato dai suoi successori (usa parole esclusive che rinviano a un mondo ormai lontano, come borgo, casolare, focolare), Saragat, che per primo apre vistosamente le porte al lessico politico, ma soprattutto Pertini, Scalfaro, Ciampi». Pertini prima di tutto per la sua aperta colloquialità, Ciampi perché ha saputo recuperare un sano partriottismo che va dal locale all'europeo. Quello che distingue Pertini dai suoi predecessori è il carattere colloquiale dei suoi discorsi, l'uso di appellativi tipo "italiane e italiani", "amici miei", "giovani, giovani che mi ascoltate", "nostra gioventù". Ad inaugurare un nuovo stile è Ciampi. Le scelte lessicali significative dell'attuale Presidente si polarizzano su tre temi: Europa, Italia, articolazioni interne all'Italia. Così è l'unico che parla di inno, patriottismo, tricolore, ma anche di provincia o sindaci, ma soprattutto di Europa unita o Unione europea. Con Ciampi acquisisce importanza il livello familiare, sottolineato da espressioni come "care italiane e cari italiani" e di "mia moglie". La sintesi è quindi un insieme di patriottismo, europeismo, senso storico, familiarità. «I discorsi di fine anno dei Presidenti appaiono - spiega Cortelazzo - al di là di quel che si poteva credere, discorsi poco stereotipi, come corpus complessivo, sul piano formale. L'autorevolezza che la carica stessa fornisce a chi la ricopre permette a ogni presidente di organizzare semanticamente i discorsi senza dover fare i conti con i vincoli di appartenenza a un genere». Silvia Gross «Il Gazzettino», Edizione di Padova, domenica 7 maggio 2006, p. III | |